Il rischio industriale-tecnologico è associato alle attività antropiche che comportano la presenza sul territorio di impianti produttivi, infrastrutture e reti tecnologiche che possono costituire fonti di pericolo per l’uomo e/o per l’ambiente.
La produzione industriale comprende infatti, una serie di operazioni quali il trattamento, la fabbricazione, il trasporto e il deposito di sostanze che possono risultare pericolose. Il rischio industriale-tecnologico è dunque potenzialmente presente in ogni fase dell’attività produttiva a causa di anomalie o guasti nei processi o negli impianti e nelle successive fasi relative al trasporto delle sostanze prodotte.
La situazione più complicata si riscontra nei casi di impianti industriali collocati all’interno di aree urbanizzate ad alta densità abitativa o limitrofi ad infrastrutture di collegamento quali autostrade, linee ferroviarie o aeroporti.
Per far fronte a tale rischio è indispensabile che la popolazione sia informata riguardo al comportamento da tenere in caso di criticità. E’ pertanto necessario predisporre strategie volte a ridurre il deficit informativo affinché gli individui coinvolti possano essere messi in grado di affrontare le situazioni di emergenza.
Fermo restando che un certo margine di rischio è inscindibile da talune attività industriali, l’intervento combinato di aziende, autorità pubbliche e cittadini può consentire di adottare misure per controllarlo e minimizzarlo.
In generale gli insediamenti industriali possono presentare rischi di entità e natura diverse, a seconda delle tecnologie impiegate, delle sostanze e delle quantità trattate.
Sostanzialmente il rischio industriale si può manifestare principalmente in:
- rischio di incendi
- rischio di esplosioni
- rischio di fughe di sostanze tossiche o nocive
- combinazione dei tre rischi citati.
Le soglie di tollerabilità del rischio cui far riferimento devono essere armonizzate con due livelli di rischio:
1) elevata possibilità di letalità;
2) danni gravi a popolazione sana di seguito descritti.
Il grave incidente di Seveso induce la Comunità Europea a dotarsi di una normativa diretta a controllare i pericoli di incidenti causati da sostanze pericolose.
La crescente attenzione per la qualità della vita e per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente pone il problema del rischio industriale al centro del dibattito internazionale.
Nel 1982 è emanata la prima direttiva comunitaria, meglio conosciuta come Seveso I. Recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988 - sostituito con il decreto legislativo n. 334 del 1999 - rende efficace la direttiva emanata dalla Comunità Europea nel 1996.
Il decreto legge n. 238 del 2005 introduce ulteriori disposizioni per garantire la sicurezza industriale nel nostro Paese, rendendo valide in Italia le prescrizioni contenute nella direttiva comunitaria 2003/105/CE sul “Controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”.